Un uomo sotto al sole

A man under the sun - in memory of Vittorio Arrigoni

The title of the book is derived from Ghassan Kanafani's Men in the Sun, a fierce novel of 1962.
I was supposed to do another edition of Cast Lead with new images, and I wanted to ask Vittorio to do the introduction of the book.
What happened instead is terribly self-explanatory.

Through this work and Giorgio Palmera's Daily Life in Gaza (ed. La Camera Verde) we managed to involve palestinian artists for a collective exhibition in Italy and some talks to explain what the daily life in Gaza is and means, a view from inside.

To understand a little, better than my words or images,here's part of Meri Calvelli's text (in ITA for now), whom works since many years in Gaza.

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Quando hanno ammazzato Vittorio, quel maledetto giorno del 14 aprile 2011, nessuno di noi poteva crederci. Vittorio ammazzato a Gaza per mano di "fratelli" che fino a poche ore prima aveva pensato di aiutare, per evitare loro l'isolamento quotidiano e il bombardamento continuo che subiscono in quella striscia di terra tanto piccola quanto disastrata.
Lo hanno fatto fuori nel peggiore dei modi, in fretta e furia, senza pietà e conoscenza. Il virus che li ha attaccati, non ha dato loro la possibilità di ragionare sul grande errore e orrore che stavano commettendo. Vittorio era arrivato a Gaza con la prima imbarcazione di fortuna (la Free Gaza Movement) che era riuscita a rompere l'assedio via mare, nel 2008, quando a due anni dalla vittoria del partito di Hamas la striscia era stata sigillata al mondo civile. Non perché prima fosse particolarmente accessibile, anzi tutt’altro - permessi e domandine come un vero carcere che si "rispetti"- ma da quel momento in poi Gaza è rimasta isolata e detronizzata da ogni occhio esterno.
Il conflitto in quell'area non può essere considerato un "modo di vedere" o "di pensare", non è un’ideologia da sostenere o da combattere. Non è una guerra, perché è combattuta ad armi impari: occupazione, espropriazione di terre, muri alti di divisione, barriere e filo spinato, embargo sui medicinali, divieto di movimento a ogni individuo, sano o malato. Questa disumanità non può essere considerata o catalogata come "sostenere un’ideologia". Questa è la rappresentazione del potere, della violenza più assurda e disumana, la fine del diritto umano, la negazione di una identità. E' la crescita d’individui non sani il cui futuro è infilato in un tunnel nero, come quello che devono usare per avere il cibo quotidiano. E' l'inizio di una catastrofe senza fine, di una tragedia senza precedenti.
Vittorio ha trascorso qui gli ultimi anni della sua vita, compresi quelli che hanno visto Gaza strabombardata dall'operazione militare Piombo Fuso, dove per ventitre giorni le bombe di Israele sono cadute fitte sulla testa di un milione e mezzo di anime: 1500 i morti, di cui 800 tra donne e bambini, 5000 i feriti di cui oltre 2000 permanenti.
In pochi hanno potuto vedere, aiutare e informare sul delirio che accadeva nell'Inferno di Gaza, e le denunce di Vittorio ci sono arrivate dritte al cuore per capire che nel mondo non c'è affatto giustizia e umanità. "Restiamo Umani" era solito concludere ogni sua corrispondenza e pensiero in merito a quell'inferno, ma nessuna umanità gli è stata restituita prima di morire. Nella sua permanenza a Gaza, cosi come succede a molti di noi che ci vivono e lavorano, la gente comune si sente in dovere di adottarti, di creare intorno a te la famiglia e gli amici che hai lasciato per venire a vivere, anche se da ajnaby (straniero), in quel contesto difficile. Vittorio, che usava vivere con i pescatori e gli agricoltori, che più frequentemente sono sotto gli attacchi punitivi di Israele per le loro attività "terroristiche " di pesca e di agricoltura di sopravvivenza, era stato adottato da loro e ci viveva a stretto contatto quotidiano. Si univa a loro per andare a recuperare il raccolto, sia via mare che via terra, indossava il suo giacchetto giallo fosforescente, nella speranza che l'esercito israeliano risparmiasse qualche bomba o proiettile diretti alla popolazione. Urlava forte per farsi sentire dall'altra parte della Buffer-Zone o tra le onde del mediterraneo, entro le tre miglia consentite, affinché non aprissero il fuoco sui civili; avveniva sempre il contrario, le pallottole non si risparmiavano. Solo la fortuna ha voluto che mai venisse colpito mortalmente in quelle occasioni. Durante Piombo Fuso, mentre le palline di fosforo bianco rimbalzavano sui corpi della gente, Vittorio, con gli amici medici e infermieri, si infilava nelle ambulanze per andare a raccattare i corpi bruciati che non riuscivano a spegnersi. Questo è quello che faceva, questo è quello che le mani assassine e la testa balorda di alcuni (Salafiti o chi per loro) hanno fermato, inspiegabilmente, senza senso. Per Vittorio riuscire a rompere l'assedio su quella striscia e su quella popolazione sfortunata era una questione di principio di libertà, è cosi per tutti noi, credo, e quello che fa più paura non è la violenza dei cattivi e dei bastardi ma l'indifferenza degli onesti e dei ben pensanti.
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