“20+20”

Diario di

Jan Grenz

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Ancore sotto terra. Visione periferica da un disastro annunciato.

di Gians

1. Piano sequenza.

Particelle di tempo intrecciate, nota a margine: caos, difficoltà di chiarezza, magma televisivo, intreccio di immagini che costringono, deviano, fanno scontare la pena del nulla. Protocollo in divenire: i numeri dei contagiati, dei morti, degli ammalati in terapia intensiva, dei guariti. Numeri che suonano come interrogativi mal posti. Paura, panico, Fear and Desire. I castelli e i dadi. Da una parte i complottisti, dall’altra la propaganda democratica. Flussi di immagini, immagini ovunque, da una parte la Cina dall’altro l’Impero Occidentale. La verità del virus. Stare in quarantena, stare chiusi, stare chiusi dentro, non uscire, restare a casa, anche senza casa, restare dentro. L’angelo sterminatore e i punti nevralgici del potere: Cassandra Crossing. Particelle d’amore svelate, velate di leggeri movimenti. Spazio chiuso, Film: una sedia a dondolo: e una stanza. CAMERE CHIUSE. Le disposizioni dei governi, attenersi alle disposizioni. Commentario da una società dello spettacolo che comunque non si ferma, che comunque porta a casa un gran bottino. Tutti quanti a casa, tutti a casa. Senza i bombardamenti, ma con il bombardamento mediatico di un urlo che spetta solo a chi resta in trincea. Impedire al virus di suonare la carica. I tamponi, tamponare il virus, chi resiste? Si aprono studi virologici, sociologici, filosofici, politici, le domande restano aperte, è il massacro di Fort Apache? Chiudere tutto, i luoghi, tenere aperte le televisioni e la rete. La rete che governa ora, le correnti, le onde, i movimenti degli oceani. Chi sono i pesci? Si chiedono i complottisti.

 

La Société du Spectacle. GUY DEBORD. Surveiller et punir. MICHEL FOUCAULT.

 

2. Primo piano del commentatore di una televisione privata del nord. Con veemenza.

- Intanto i numeri scorrono, gli ammalati, i morti, i guariti. Si ha l’impressione che a lavorare siano solo i dottori, i medici in prima linea in ospedali inefficienti. A sentir i governatori del sud, se si ammalano 500 persone tutte insieme, il sistema sanitario del sud è al collasso. Come si può assistere da casa immobili sul divano, con le trasmissioni televisive che ogni secondo sparano bordate di impotenza totale. Che Stato è questo? Che politici sono questi? Tutti a casa, un tempo era dopo una guerra, oggi bisogna stare a casa prima che la guerra cominci. Però come si fa a dire: “state a casa a leggere un libro, a sentire un disco”. L’informazione è chiaramente in mano a persone che nulla sanno del cervello umano e nulla sanno di cosa vuol dire fare informazione. Chi ci salva dal bombardamento mediatico di zombi e vampiri mascherati da giornalisti o presentatori? Chi ci cura? Noi si resta a casa, certamente, ma voi spegnete questa televisione che avete creato perché dall’altra parte la gente vi guarda e si impaurisce. Può anche diventare come voi, peggio di voi! Di voi, di quello che dite, cari personaggi mascherati che apparite tutte le sante ore da una trasmissione all’altra a raccontarci di questo virus letale, spegnetevi! Dopo sarà il deserto, ma torneranno i dinosauri. Le parole s’affannano nelle bocche di tutti quelli che appaiono e restano costantemente apparsi nei telegiornali, nelle trasmissioni televisive, tutti parlano. I comici accanto ai virologi, i presentatori e i politici, gli astratti e gli attratti. Spazio, tempo e movimento e sbucano le direttive punitive: carcere, multe, eccetera per chi si sottrae al colpo di dado dello Stato. (I complottisti).

La voce gli si fa rauca. Interviene la Pubblicità.

 

3. Sequenza con effetto flou.

Avventurosa passeggiata nel vuoto. Chiusa Malpensa. Airport ’77. In tutti i film catastrofici c’è lui: George Kennedy. Airport ’80. Terremoto… Si muove come un testimone da un disastro all’altro. Il colpo della metropolitana, (eterotopia) un’altra storia di assalto alla città. E un appunto lo merita anche la sequenza in metro di Un lupo mannaro americano a Londra.

 

4. Dissolvenza incrociata.

Le mascherine quando entravi nel cinema a film iniziato, portavano lo spettatore a sedersi sulla sedia, illuminandogli il percorso: “20+20”. Diario da una città, mascherata nel vuoto. Non c’è traccia, si resta immobili, scorrono le diapositive, scorre la vita sulle superfici di un’architettura anch’essa visceralmente sola, assente. Jan Grenez è l’inviato speciale: Sotto tiro, Urla del silenzioParis qui dortLe voyage imaginairePartie de campagne…”20+20”. Cronaca, elzeviri, crocevia della morte, diario di un vizio, la memoria risuona soffia nel tubo, le dita battono i tasti del ritmo, dalla panchina del parco fino all’entrata del pronto soccorso. Dal teatro di Strehler a l’emergenza delle prigioni, dalla poesia alla prosa, da Andrej Rublev a lo specchio,

5. Dissolvenza incrociata.

Giriamo in tondo tra un girotondo in verticale e un altro in orizzontale, di notte e di giorno, a passo svelto e a passo lento, e veniamo consumati dalle immagini e dagli ordigni che esse impongono. Come se ne esce? Abbandonando le immagini e cercando di costruire quel meraviglioso e gioioso fenomeno che sono le visioni. Riprendere a pensare Anassimandro e l’ordine del tempo.

 

6. Materiali di repertorio, in bianco e nero.

Andiamo a raccogliere margherite. O la Margherita del Faust…o quel ballo sinistro visione assoluta nel finale di Salò o le 120 giornate di Sodoma dove: “Margherita è la mia ragazza”, dice l’ultima battuta del film di PPP. Appunti di un diario a venire sulle strade di una Milano che corre, scorre, si mette in fuga, senza avere più quel volto caro dove tutto funziona, ma qui sembra funzionare tutto anche quando tutto si ferma. Miracolo a Milano.

 

7. Dissolvenza in nero.

CAMERE CHIUSE, dunque, giustamente. Una Camera soffre le distanze, non si può stare a distanza di due metri nella stanza di Keaton, o nella cella di Papillon. Che si fa con i carcerati? Restano dentro. È tutto estremamente complesso ci dice il virus che semplicemente attacca tutti ma è per sua natura farlo.

 

8. Intervista a un primario di un ospedale del sud. Primo piano sfocato.

I complottisti fanno sempre riferimento a Cassandra e non si esce, ma nemmeno si resta dentro, a parlar di colpo truccato. Che si fa? La Sanità italiana è come una trincea di Caporetto, e gli eroi sono nelle corsie, con le baionette sguainate contro un nemico invisibile o visibile? Chi è il nemico? Il virus o la mancanza di letti, e respiratori, e ventilatori, e le tute, i guanti, le mascherine? Chi è il nemico? Quello che si vede o quello che non si vede? Degenerazione maculare…pigmentosa…

 

9. Primissimo piano del commentatore della televisione privata del nord, che ora parla tossendo.

- Noi italiani sempre in guerra con le scarpe di cartone. Si possono fermare sessanta milioni di cittadini perché non ci sono gli strumenti per le terapie intensive? È l’inefficienza della politica e i cadorna di turno speculano ovunque il loro successo personale: virologi che diventano attori e comici, comici e attori che diventano la propaganda del sistema. Come si fa a dire la Sanità migliore del mondo? Forse bisogna dire i medici migliori del mondo, dato che sono costretti a lavorare dentro una sanità che fa acqua e sperperi ovunque. C’è fango dappertutto! È un film dell’assurdo quello che da mesi, le intere televisioni e giornali stanno sfoggiando. E dopo il deragliamento dei treni, in Italia e poi in Francia, le cannonate sono a colpi di pizza e Libia. C’è qualcosa che non va, è evidente. E le carceri esplodono, le carceri sono altre trincee di cui non ci si rende conto, quanto e come possono esplodere e far esplodere ancor di più la stupidità del parlar irresponsabile di chi dovrebbe governare questo paese. È un nodo che nasconde bene la stretta e ci stringe al collo. Il virus dagli occhi di Giada.

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10. Dissolvenza incrociata. Voce fuori campo.

Ancore sotto terra. CAMERE CHIUSE. Diario dalla città che per prima sperimenta la chiusura del suo territorio limitrofo e non. Fino alla fine del mondo, dicono restate a casa, leggete i libri: “Le esperienze pericolose, il mondo le accetta nell’ambito dell’arte, perché non prende l’arte sul serio, ma nella vita le condanna…comunque partirò e lascerò questo libro…il mio amore dell’amore e della libertà ne rimane ferito…” è il libro bianco di Jean Cocteau…a fianco le condamné à mort di Jean Genet, e Il processo di Kafka tradotto da Primo Levi.

 

11. Epilogo.

Ecco allora l’ancora da Milano: “20+20”, un percorso a giorni, fatto di frammenti, visioni, suoni (in verità colonne di partiture compiute per improvvisi e moti). La zattera tira a prua e alza la vela sfondata dal colpo di questo tempo. E resta con la bussola puntata, si resta fermi ben ancorati a terra. Dove l’intero mare si gonfia. Troviamo le somiglianze e ripartiamo dalle visioni di questo diario. Là dove Leonardo, ai navigli vedeva il mare.

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